Parole nel salottino: Natale sotto mentite spoglie di Ilaria Mossa

 


Lui cerca un coinquilino maschio.
Lei una stanza.

Vivienne, una studentessa di recitazione a Roma con la dipendenza per i cornetti alla crema, vede il suo Natale implodere: mollata dal fidanzato e sfrattata, la sua vita è un caos. Ma quando scova l’annuncio di un bilocale da capogiro, non si arrende di fronte a un piccolo dettaglio: cercano un coinquilino maschio.

Con audacia e un travestimento da manuale, Vivienne diventa “Vincenzo” e si catapulta nella vita di Simone, un commesso introverso e un po’ burbero, che ama i videogiochi e odia le festività come un fastidioso prurito.

Ma il destino ci mette lo zampino: lo stesso giorno, Vivienne trova lavoro come barista nella caffetteria preferita di Simone, dove tra frecciatine, caffè fumanti e sguardi rubati, la magia natalizia inizia a tessere la sua tela.

Tra segreti, battibecchi e una connessione che ribolle sotto la superficie, il Natale si avvicina come un conto alla rovescia. In un vortice di maschere e verità nascoste, riusciranno a smettere di giocare e a regalarsi il coraggio di essere sé stessi?

Una novella natalizia frizzante, romantica e piena di colpi di scena – perfetta per scaldarti il cuore sotto l'albero!

Una novella natalizia piena zeppa di trope: una studentessa e un commesso sono "costretti" a dividere la stessa camera in affitto, il problema è che lei non rispetta proprio i requisiti dell'annuncio. I caratteri dei due protagonisti parallelamente opposti sono messi in mostra tramite un doppio pov che ci aiuta a entrare nelle loro menti e i personaggi secondari fanno da collante al tutto.

Sembra strano, ma è proprio con uno di loro, il migliore amico/ex coinquilino del protagonista, con cui sono riuscita più a simpatizzare, nonostante sia privo di pov e molto sopra le righe.

I dialoghi e la scrittura, nel complesso, sono molto scorrevoli ma in alcuni punti la trama non regge molto per credibilità. Succede tutto così in fretta da far sembrare i loro comportamenti quasi contraddittori. Tuttavia, scopriamo la loro vita con escamotage che ho apprezzato dato il giusto pizzico di originalità.

«Spero ti vada di traverso», mi augura con una smorfia arrogante.
«Non si usa più dire buon appetito?»
Incrocia le braccia al petto. «Dalle mie parti no. Ci auguriamo che i clienti cafoni non tornino più».
Mi do una grattata immaginaria lì sotto. «Un elfo che augura la morte non l'avevo mai visto».
Si curva verso di me per sussurrare all'orecchio: «Non ho mai detto di esserlo». Il suo alito caldo mi fa rabbrividire. «Provaci di nuovo a definirmi un elfo e la prossima volta ti metto il cianuro nel caffè». Mi mostra un sorriso grande e falso.
Poi si gira e, ancheggiando, va via da me. Bel culo. Peccato per il caratteraccio.


Ciò che manca però è lo spirito del Natale. Vengono accennati i vari addobbi, il conto alla rovescia, i regali sempre all'ultimo minuto, ma non si respira la magia che avrei voluto trovare in una novella natalizia.

Mancano le descrizioni che lasciano immergere il lettore, il tempo materiale per entrare in empatia con tutti. Si aprono tanti cerchi, però non tutti si riescono ad apprezzare con l'importanza che meritano. Il passato dei protagonisti, per esempio, il loro rapporto con la famiglia, i sacrifici, il valore preponderante dell'amicizia.

Ecco, una lettura di compagnia che però poteva essere valorizzata di più.






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