Roma, maggio 1946. La città è occupata, come il resto d'Italia dopo la sconfitta e le tragiche devastazioni lasciate dalla seconda guerra mondiale, dai reparti militari Alleati; inoltre è imminente il referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente del 2 e 3 giugno. Delia è sposata con Ivano, marito brutale e manesco dal quale viene quotidianamente percossa e svilita. La coppia ha tre figli. La primogenita, Marcella, prossima al fidanzamento, disprezza la madre per la passività con cui subisce gli abusi coniugali. La giornata di Delia si divide tra le faccende domestiche e vari lavoretti sottopagati.
Le uniche fonti di sollievo sono l'amicizia con Marisa, una fruttivendola spiritosa e ottimista e con il meccanico Nino.
Un giorno Delia restituisce una foto di famiglia ritrovata casualmente a un soldato afroamericano, William, che l'aveva smarrita. La donna riceve anche una lettera misteriosa che inizialmente getta via, ma poi decide di custodire, traendo da essa la forza per reagire alla sua condizione. Nel frattempo Marcella organizza il matrimonio con Giulio Moretti, il giovane rampollo di una famiglia benestante, proprietaria di un bar della zona. Ivano subodora il tornaconto economico che potrebbe scaturire dalle nozze fra i due. Nonostante il pranzo a casa di Delia con i probabili consuoceri abbia degli esiti imbarazzanti, Giulio e Marcella si fidanzano ufficialmente.
Successivamente Delia intuisce che il ragazzo della figlia presenti gli stessi atteggiamenti possessivi e violenti del marito e teme che Marcella possa andare incontro a un destino simile al suo. Tramite l'aiuto di William, causano indirettamente la rottura del fidanzamento.
A questo punto la donna pare decisa a scappare dal marito, utilizzando il 2 giugno come data fatidica. Il giorno fissato si prepara ideando uno stratagemma per allontanarsi senza destare sospetti, ma il suocero muore improvvisamente. Viene organizzata la veglia funebre che vincola Delia a restare a casa per tutto il giorno. La donna non si perde d'animo, dicendosi che "c'è ancora domani" per mettere in atto il suo piano.
Il mattino successivo, Delia lascia a Marcella una busta con una lettera e i soldi risparmiati per permetterle di studiare. La protagonista si avvia a compiere finalmente ciò che aveva in programma: si reca di nascosto alle urne per votare al referendum fra monarchia e repubblica ed eleggere l'Assemblea Costituente, votando per la prima volta, come tante altre donne d'Italia. Prima di entrare al seggio, si rende conto di aver lasciato inavvertitamente a casa la tessera elettorale, quando viene raggiunta prima dal marito e poi dalla figlia che, avendo trovato la scheda, vanno a cercare Delia con intenti opposti: il primo per uccidere la donna e la seconda per consegnare la tessera alla madre.
Marcella riesce a darle il documento, necessario per poter votare, mentre Ivano, che si era diretto minaccioso verso di lei, viene fermato dallo sguardo deciso della moglie, che lo spinge a desistere e ad andarsene.
Bentrovati amici cinefili!
In questo appuntamento del mercoledì voglio presentarvi "C'è ancora domani", il meraviglioso film del 2023 scritto, diretto e interpretato da Paola Cortellesi, al suo esordio come regista. Con Valerio Mastandrea, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Romana Maggiora e Emanuela Fanelli, il film è stato presentato alla 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma in concorso nella categoria "Progressive Cinema - Visioni per il mondo di domani", ottenendo due premi, tra cui il premio speciale della giuria e una menzione speciale come miglior opera prima. È stato poi premiato come Film dell'anno ai Nastri d'argento del 2024. La pellicola ha ottenuto 19 candidature ai David di Donatello, risultando l'opera d'esordio con il più alto numero di candidature nella storia del riconoscimento, vincendo sei premi.
Ho sempre amato Paola Cortellesi, considerandola un'artista a tutto tondo. E dopo quest'opera non posso che riconoscerle ancora di più il suo immenso talento. Ha deciso di riportare, a distanza di circa ottant'anni una realtà da non dimenticare mai, negli anni del dopoguerra; di umiliazioni, fatica, rinunce, violenze e riscatto. Una storia legata a mariti/padroni, di sacrificio di sé da sfociare nell’autolesionismo, di accettazione passiva di una realtà talmente oppressiva da eliminare la speranza, alla violenza di genere e ai diritti delle donne.
E’ un bel film, molto triste per le situazioni della vita di quel tempo, però si ride anche molto, perché va a pescare i lati più ipocriti e falsi della società che forse persistono anche oggi e li evidenzia spietatamente rendendoli comici e ridicoli.
Ho amato tantissimo l'eleganza e classe della regista che emerge nella scelta di non far vedere direttamente le violenze fisiche subite e, ma trasformandole in scene quasi da musical. Come racconta la stessa Cortellesi: «Mi sembrava più efficace usare le canzoni e la danza per sottolinearle».
Sor Ottorino: Alla fine dei conti, lei è ‘na brava donna de casa.
Ivano: È che me ‘e leva dalle mano…
Sor Ottorino: Non glie poi mena’ sempre, sennò s’abitua! Una, ma forte!
Possiamo ammettere che la Cortellesi è riuscita a trasmettere molteplici messaggi, in una cornice serena, a tratti felice, nonostante la drammaticità delle situazioni descritte, in un bianco e nero che ha definito ancora meglio i ruoli dei personaggi, le loro vite, i contesti esterni. Senza distrarre l'attenzione dello spettatore con colori sgargianti, trattenendo tutta la sua attenzione sui fatti.
Due ore trascorse tra grandi emozioni e allo scorrere dei titoli di coda non può che diffondersi uno spontaneo applauso liberatorio per questo, da non perdere assolutamente.
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